Fuoriposto - 26° puntata

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Archiviato con non poco fastidio il fattaccio con il pedofilo portatore di handicap, dopo poco tempo iniziò la scuola superiore, mi iscrissi a Ragioneria, per le pressioni di mio padre, che diceva che quello era un buon diploma, effettivamente a quei tempi valeva qualcosa, a differenza di adesso, dove fa fatica a bastare una laurea per trovare un posto di lavoro degno di essere chiamato tale...

L'ambientamento con questa nuova realtà non fu facile, tanto per cambiare, altri professori, altre responsabilità, altri carichi di lavoro, che non sarebbero stati assolutamente un problema per te, a patto di rispettare una sola cosa, quella di aprire, una volta ogni tanto, i libri, sia per togliere la polvere dalla copertina, sia per imparare qualcosa, ma era come dire puttana alla volpe, cioè tempo e fatica sprecati, perché io non avevo voglia di fare un cazzo, solamente di scaldare il banco e, possibilmente, di divertirmi con i miei nuovi compagni...

Non ero capitato in una classe apparentemente problematica, dal punto di vista dei contatti con gli altri alunni, ricordo perfettamente che legai abbastanza velocemente con gli altri ragazzi, tutti abbastanza bravi ed affabili, a parte uno che era un po' testa di cazzo, mentre con le ragazze erano solo note dolenti, in quanto proprio non ci sapevo fare con loro, ero negato, certi approcci, o meglio, chiamarli approcci era già un complimento, certe uscite da cazzo che c'era solamente da vergognarsi, da quanto sfigate erano, eppure di meglio non sapevo fare, anzi, ero pure convinto di risultare simpatico, che le stronze fossero loro, sempre e comunque, le mie compagne di classe, che non erano sante ma di certo avevo le loro buone ragioni per mandarmi costantemente a cagare...

Vi dicendo di un compagno di classe, che istintivamente mi era da subito risultato indigesto, anzi, a dire il vero, mi stava letteralmente sul cazzo, perché aveva un carattere particolare e altezzoso, voleva sempre essere considerato e venerato, io al contrario sono sempre stato una persona semplice, di quelle terra-terra, perché la si deve far cadere dall'alto, quando si può fare diversamente e rendere le cose semplici e immediate? Dimostrazione lampante di quello che ho appena affermato...

Un giorno avevamo due ore buche, eravamo all'inizio del 1° anno di scuola, ogni tanto succedeva, per cui non sapevamo bene dove andare, si fa avanti un ragazzo, che propone di fare un torneo a bigliardino (o calcio balilla, se preferite), tutto bene, tutto chiaro, io inizio a fare inviti a destra e manca, convinto del fatto che si doveva raggiungere un minimo di partecipanti (almeno 8) affinché la cosa avesse un senso, non c'erano problemi per me, neanche per altri ragazzi, ma avevamo sottovalutato un particolare, fondamentale, che andava tenuto in debita considerazione...

Il proprietario di quel bigliardino era quel ragazzo testa di cazzo, che aveva sempre la puzza sotto il naso, che ci fece parlare e sbracciare un po', poi, all'improvviso, una rasoiata...

"Voi parlate, voi invitate, voi organizzate, ma mi avete chiesto se a me sta bene fare questa cosa??"

Ora, in linea teorica, aveva ragione, gli avevamo chiesto un veloce cenno di conferma e poi, spinti dal fatto di non disperdere i potenziali giocatori, ci eravamo concentrati sugli altri ragazzi, dando per scontato il fatto che lui fosse d'accordo a fornire il supporto del bigliardino, ma le parole erano state poche ma taglienti, l'espressione in viso era pure peggio, perché proprio era insopportabile e irritante...

Mi sono sentito una merda, tanto per cambiare, ho chiesto scusa, che non volevo assolutamente scavalcarlo, lui giù, ancora qualche altra parola, per rincarare la dose, poi, alla fine, come a elargire la grazia al condannato a morte all'ultimo momento, aveva accettato la nostra proposta e il torneo si sarebbe fatto, l'unico problema era costituito dal fatto che quello che pensava mi si leggeva in viso, aveva esagerato, mi aveva umiliato di fronte a tutti, e io nonostante avessi detto che sarei andato a giocare regolarmente, avevo già deciso di andare a casa mia, vaffanculo lui e il suo bigliardino di merda, che si mettesse tutte le stecche su per il culo, testa di cazzo che non era altro, io intendevo, nel limite del possibile, che l'amicizia era anche da intendere che quello che è mio è anche tuo, e quello che è tuo è anche mio, non sempre e comunque ma in questi casi era un fatto praticamente automatico, ma evidentemente per lui non era così...

Continua...