Il tempo passa, inesorabilmente... 3° parte

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Immagine CC0 creative commons

Una delle prime frasi che disse mio padre, nei primissimi tempi dopo aver avuto l'infarto, nel suo dialetto misto-italiano, fu...

*"Ahh, quei sa l'infarto in chempa 'na masa, 10 ann, po i mor...", che in italiano corrente significa, più o meno...

"Ahh, quelli che hanno avuto l'infarto non campano molto, al massimo 10 anni e poi muoiono..."

Sbagliava anche in questo caso mio padre, perché dal suo infarto sono trascorsi quasi 12 anni, ed è ancora qua, vivo e vegeto, non in condizioni ottimali ma certamente respira e qualcosa ancora combina, anche se le cose per lui sarebbero potute andare in maniera un po' diversa, da come sono andate effettivamente, alcuni particolari erano indiscutibilmente da rivedere, ma ormai c'è ben poco da fare...

Nella sua affermazioni di cui sopra, è già contenuta una sorta di resa, di cedere a questo qualcosa di superiore, questa entità, chiamata infarto, che l'ha messo in una condizione psicologica che lui non era più buono a fare nulla, non che si sia allettato immediatamente, questo non lo posso dire e affermare, perché con l'ausilio di un deambulatore lui si muove ancora, seppur con una stabilità che è tutta da verificare, ma un po' per il suo carattere, che sotto sotto ha alcuni aspetti che tirano sul vagabondo, un po' per mia madre, che si è sempre orientata verso modi troppo accondiscendenti nei suoi confronti, resta il fatto che lui ha alzato bandiera bianca troppo presto, e questo non lo faccio, e quello non posso farlo, e quell'altro ancora è meglio di no, e via discorrendo, i movimenti sono sempre stati più rari e discontinui, per cui ha perso tono muscolare e fermezza nell'incedere, la carrozzina, da strumento da odiare e ripudiare, è andata progressivamente affermandosi nella sua vita, fino al punto da diventare uno strumento irrinunciabile al di fuori delle 4 mura di casa propria, ormai in strada non si cammina più, quando deve andare a fare una visita ci deve essere un qualcuno che di peso lo sposta da un punto a un altro, perché lui si adagia a quella condizione di semi-infermità in cui, un po' per colpa sua, un po' a causa di mia madre che gliele ha sempre date troppo di vinta, si è andato a ritrovare da alcuni anni a questa parte, non dico anche adesso si sarebbe potuto ritrovare nelle condizioni del signore 94enne di cui ho parlato nella 1° parte di questo mio mini-racconto, ma di certo meglio in relazione a quanto si ritrova effettivamente ora come ora, non c'è altro da fare che rassegnarsi, per lui e per chi gli sta vicino, a quello che si vede realmente, una persona anziana che è appena appena autosufficiente, mentre la realtà, usando sempre il condizionale, poteva essere differente...

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3 comments
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purtroppo, te lo dico da uomo, gli uomini tendono ad adagiarsi e a sentirsi sconfitti nella vecchiaia molto più delle donne. anche mio padre che inizia ad avere da qualche anno problemi all’anca ha deciso in barba al medico che gli consiglia di camminare il più possibile, che la cosa migliore sia passare le giornate sul divano.

Ti capisco in pieno

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Purtroppo quando ti capitano certe merde ti butti giù, e se non hai motivazione non c'è niente che ti risolleva

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Sicuramente tuo padre fa riferimento alle diagnosi della seconda metà del secolo scorso, quando veramente si durava non oltre dieci anni in seguito al primo infarto. E infatti pure un mio zio politico, per quanto superultramegattentissimo al suo stile di vita, nè fumatore nè bevitore, zero vizi, dopo il primo infarto è durato esattamente dieci anni. Anzi, il medico gli aveva pure detto che sarebbe durato dieci anni al massimo qualora si fosse sempre comportato con meticolosità certosina e infatti così è stato. Nel terzo millennio invece si dura di più, ma magari tuo padre non è soltanto aggiornato alle ultime novità, se non ha l'abitudine di vivere attaccato ai siti d'informazione come purtroppo tocca a noi fare.
!BEER

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