Recensione Libro: Dove tutto è a metà
Cosa succede se un autore, cantante e regista incontra uno sceneggiatore e scrittore e assieme scrivono e pubblicano un libro?
Quel che ne vien fuori è indiscutibilmente un libro nella forma ma qualcosa di più nella sostanza. Più simile a un racconto per immagini con tracce musicali invece che capitoli, a riecheggiare gli stati d’animo dei protagonisti che vivono quel che accade in quelle pagine.
Insomma, un film da leggere e un libro da vedere. Nella linea di separazione, in quello spazio ‘dove tutto è a metà’, a tenere insieme i due lembi, la vita. La vita: un puzzle in divenire di cui non si conosce sin dal principio il disegno completo e per questo ogni giorno è un tassello, ogni passo un gradino, ogni conquista una sfumatura. Un quadro a metà che si completa nel suo esatto opposto, nella contraddizione.
I sogni, i pronostici, le aspettative, il futuro in divenire, l’incognito, i desideri, gli amori impossibili da una parte trovano il loro controcanto nell’altra, nell’ombra lunga del visibile, nel presente, nella realtà degli imprevisti, nei fallimenti, nei cambiamenti di rotta, nelle scelte improcrastinabili da fare qui e adesso, nelle responsabilità, negli amori meritati.
Zampaglione e Gensini scrivono una storia intensa e vera che si snoda in questa terra di frontiera tra lo spazio delle possibilità, in cui tutto può ancora accadere e quello della realtà, in cui tutto è già stato. Come nella canzone omonima del titolo del libro, dello stesso autore, a lasciare tutto a metà è sempre un tradimento. Quello di un’aspettativa, di un pronostico, di un impegno, di una relazione, di un amore. Una mancanza, un venir meno.
Quell’interruzione repentina che nessuno aveva mai preso in considerazione e che modifica il senso delle cose. Come fa la morte con la vita che ne cambia la percezione, il significato, il valore e la direzione. Ogni delusione, ogni tradimento, a suo modo, è sempre un piccolo lutto. Reagire e agire non è mai semplice. L’esperienza uccide i sogni e l’entusiasmo e la dipendenza da sostanze, condizioni o relazioni tossiche è l’anticamera della rassegnazione, preludio alla resa. Ancor prima subentra la tattica dell’autodifesa che diventa attacco preventivo. Il passo decisivo sta sempre nella risposta alla domanda: “ ti darai una mossa o continuerai a galleggiare?”. Risposta che non si può dare senza sanguinare un po’.
Perché ogni scelta presuppone e impone una rinuncia altrove, si lascia una condizione per un’altra e per quanto la prima potesse essere velenosa, valeva comunque una certezza rispetto all’incognita del nuovo. Per questo ogni decisione è come (ri)nascere, un passaggio di confini, un’uscita dolorosa, preludio a tutto ciò che può e che deve accadere e che parte sempre da un pianto di liberazione e di paura al tempo stesso: il prezzo da pagare per un cambiamento necessario dopo aver confuso per troppo tempo il sopravvivere col vivere.
Gli ultimi mesi del 2016 e i primi del 2017 ci hanno inconsapevolmente regalato tre nuovi libri di quattro autori apparentemente diversi e distanti in tutto ma molto più assimilabili di quanto loro stessi e noi lettori avremmo mai potuto immaginare. A tenerli assieme, il filo invisibile ma non così sottile che è evidentemente questa necessità di raccontare i propri cold case, i casi irrisolti, le insofferenze personali, le idiosincrasie per condividerle e alleggerirne il peso sino ad esorcizzarle, o almeno provare a farlo.
In ordine di pubblicazione: ‘Candore’ di Mario Desiati, ‘L’animale notturno’ di Andrea Piva e ‘Dove tutto è a metà’ di Federico Zampaglione e Giacomo Gensini: gli stessi luoghi, diverse ferite, ragioni simili, approcci diversi. Per tutti al centro la Roma Capitale, quella buia, corrotta, sotterranea, traditrice e pericolosa ma sempre affascinante e affabulatrice che promette e non sempre mantiene. Più distante la terra di Puglia, terra di miti, radici, di rimorsi, di ritorni di partenze e ripartenze o anche solo terra di transito dalle cose vere, genuine e irrinunciabili.
Ad abitare entrambi i luoghi sono le insofferenze di chi vorrebbe sempre essere altrove, di chi si sta cercando e non si trova mai.
Su questi sfondi i quattro scrittori cedono, nella fiction dei romanzi, ognuno alla propria ossessione: il sesso, il gioco d’azzardo, la droga. Governati dalle proprie dipendenze, le interrogano per indagare i propri limiti e riconoscere le proprie debolezze, le proprie mancanze e da lì ripartire. Alla ricerca di una felicità che anche quando viene individuata è sempre fuori dalla propria portata: non si è mai vicini abbastanza a chi o cosa amiamo davvero.
Candore, L’animale notturno, Dove tutto è a metà. Parafrasando i titoli dei tre libri, i loro autori sono animali notturni che hanno imparato ad accettare e a convivere con i propri demoni, affrontandoli, hanno imparato sulla propria pelle e probabilmente grazie alla scrittura, a sopravvivere se pur feriti in questa terra di confine tra aspettative deluse e sogni proibiti, terra dove tutti abbiamo cittadinanza in quanto uomini fatti di carne e sogni.
Questi autori abitano uno spazio ‘a metà’ tra una realtà amara, che non smettono di indagare e che per questo dimostrano di conoscere molto bene e le promesse ambiziose e i desideri arditi, ai quali scelgono di non rinunciare.
Per far questo si allenano al ‘candore’, alla capacità di distinguere nell’inferno ciò che inferno non è, a trovare nel marcio la bellezza collaterale. Da sognatori indomiti quali sono, lasciano sempre una porta aperta alla possibilità di tornare, un giorno, a meravigliarsi come bambini. Sono disposti a farsi ancora sorprendere dalla vita sebbene tutto sembri remare nella direzione del disincanto. Sono uomini ancor prima che scrittori, che vivono e si lasciano vivere e possedere dal turbinio violento delle emozioni, si espongono e per questo si feriscono perché solo così sanno di essere vivi e solo in questo modo possono scoprirsi interi e non più a metà. Sperimentano così la loro completezza non rinunciando a nessuna dimensione possibile dell’esistenza vera e in scrittura.
Con tutto questo imbastiscono e costruiscono storie intense, dolorose, genuine ma cariche di speranza, di cui ci fanno dono. Concedono a noi lettori quella opportunità che hanno conquistato per se stessi: l’occasione di sentirci meno incompleti e meno impotenti di fronte all’inesorabile. Più interi e non solo (e non soli) a metà.
ENG
What happens if an author, singer and director meets a screenwriter and writer and together they write and publish a book?
What emerges is unquestionably a book in form but something more in substance. More like a story in images with musical tracks instead of chapters, echoing the moods of the protagonists who experience what happens in those pages.
In short, a film to read and a book to see. In the line of separation, in that space 'where everything is in half', to hold the two edges together, life. Life: a puzzle in the making whose complete design is unknown from the beginning and for this reason every day is a piece, every step a step, every conquest a nuance. A half picture that is completed in its exact opposite, in the contradiction.
Dreams, predictions, expectations, the future in the making, the unknown, desires, impossible loves on the one hand find their counterpoint in the other, in the long shadow of the visible, in the present, in the reality of the unexpected, in the failures, in the changes of direction, in the unstoppable choices to be made here and now, in the responsibilities, in the deserved loves.
Zampaglione and Gensini write an intense and true story that unfolds in this borderland between the space of possibilities, where everything can still happen, and that of reality, where everything has already been. As in the song of the same name in the title of the book, by the same author, to leave everything in half is always a betrayal. That of an expectation, a prediction, a commitment, a relationship, a love. A lack, a failure.
That sudden interruption that no one had ever taken into consideration and that changes the sense of things. As death does with life that changes its perception, meaning, value and direction. Every disappointment, every betrayal, in its own way, is always a little mourning. Reacting and acting is never easy. Experience kills dreams and enthusiasm and addiction to toxic substances, conditions or relationships is the antechamber of resignation, a prelude to surrender. Even before that, the self-defense tactic takes over and becomes a preventive attack. The decisive step always lies in the answer to the question: "will you give yourself a move or will you continue to float?". An answer that cannot be given without bleeding a little.
Because every choice presupposes and imposes a renunciation elsewhere, one condition is left for another and although the first could be poisonous, a certainty was still valid with respect to the unknown of the new. This is why every decision is like (re) being born, a crossing of borders, a painful exit, a prelude to everything that can and must happen and that always starts from a cry of liberation and fear at the same time: the price to to pay for a necessary change after too long confusing survival with living.
The last months of 2016 and the first of 2017 have unwittingly given us three new books by four authors apparently different and distant in all but much more assimilable than they and we readers could ever have imagined. To keep them together, the invisible but not so subtle thread that is evidently this need to tell their cold cases, unresolved cases, personal intolerances, idiosyncrasies to share them and lighten their burden until they are exorcised, or at least try to do so.
In order of publication: 'Candor' by Mario Desiati, 'The nocturnal animal' by Andrea Piva and 'Where everything is in half' by Federico Zampaglione and Giacomo Gensini: the same places, different wounds, similar reasons, different approaches. For all at the center the Rome Capital, the dark, corrupt, underground, treacherous and dangerous but always fascinating and storyteller that promises and does not always keep. More distant is the land of Puglia, a land of myths, roots, remorse, returns of departures and restarts or even just a land of transit from true, genuine and indispensable things.
Both places are inhabited by the impatience of those who always want to be elsewhere, of those who are looking for and never find themselves.
Against these backgrounds, the four writers yield, in the fiction of the novels, each to their own obsession: sex, gambling, drugs. Governed by their own addictions, they question them to investigate their limits and recognize their weaknesses, their shortcomings and start again from there. In search of a happiness that, even when identified, is always out of reach: we are never close enough to who or what we really love.
Candor, The nocturnal animal, Where everything is in half. Paraphrasing the titles of the three books, their authors are nocturnal animals who have learned to accept and live with their demons, facing them, they have learned on their own skin and probathanks to writing, to survive even if wounded in this borderland between disappointed expectations and forbidden dreams, a land where we all have citizenship as men made of flesh and dreams.
These authors live in a space 'halfway' between a bitter reality, which they never cease to investigate and which for this reason they demonstrate that they know very well and the ambitious promises and daring desires, which they choose not to give up.
To do this, they train in 'candor', in the ability to distinguish in hell what hell is not, to find collateral beauty in the rotten. As indomitable dreamers as they are, they always leave a door open to the possibility of returning, one day, to wonder like children. They are willing to still be surprised by life even though everything seems to be rowing in the direction of disenchantment. They are men even before they are writers, who live and let themselves be lived and possessed by the violent whirlwind of emotions, they expose themselves and for this they are injured because only in this way they know they are alive and only in this way can they discover themselves whole and no longer in half. In this way they experience their completeness without giving up any possible dimension of true and written existence.
With all this they baste and build intense, painful, genuine but full of hope stories, which they give us. They grant us readers that opportunity they have won for themselves: the opportunity to feel less incomplete and less powerless in the face of the inexorable. More whole and not only (and not alone) in half.