I May Destroy you: un gioiello inatteso con un pizzico d'Italia - part 1/2

Ci sono serie tv che scorrono agilissime, intrattengono e per qualche giorno sono sulla bocca di tutti e negli occhi di chi le ha guardate, o meglio dire ingurgitate, consumate.

E poi ci sono altri titoli che ci mettono tempo ad essere metabolizzati.

Di solito, se la stoffa è quella di un abito sartoriale di qualità, i secondi sono quelli destinati a restare, anon durare lo spazio di un mattino, o al più di una settimana.

Le casa di carta di questo mondo e le accademie ombrellose appartengono, con tutta la dignità e l'autorevolezza che le contraddistingue, al primo caso.

I May Destroy you, decisamente alla seconda categoria.

Ho scritto, e cancellato, il titolo di questo post almeno 10 volte, e devo ammettere di non esserne ancora del tutto convinto.

E' tale la complessità della serie tv scritta, diretta e interpretata da Michaela Coel, che anche la decisione del titolo di un banale, e dimenticabile, post su un blog come il mio, finisca per risultare difficoltosa.

Nel 2018 l'autrice, rivelò al mondo di aver subito abusi sul set del suo precedente show.

Michaela Coel deve essere partita da quel suo specifico e personalissimo trauma, quando ha iniziato a lavorare allo script di I May Destroy You.

In onda su HBO e BBC one, la serie tv racconta della violenza subita da Arabella, giovane autrice di un best seller generazionale, nella Londra contemporanea.

A differenza dei classici, e oramai stereotipati, prodotti televisivi e cinematografici sul tema delle violenze sessuali subite dalle donne, specie dopo l'ondata #metoo, I May Destroy You ci offre una prospettiva molto variegata e molto più ampia, sia sulla genesi della violenza, sia su quanto questa fatichi ad emergere nel subconscio e nella vita della protagonista, sia sugli impatti generali che la violenza produrrà nella psiche e nella vita di Arabella.

Ma il tocco di classe, quello che rende I May Destroy You diversa, necessaria, essenziale, è l'ampiezza del suo racconto, che non si ferma alla storyline principale ma si articola, anzi si ramifica, in molte altre direzioni.

La violenza subita da Arabella sembra quasi essere un pretesto per poter raccontare altro, per essere ascoltata.

E'un approccio molto "meta" quello della Coel.

La sua Arabella riesce ad ottenere molta visibilità quando, nella serie, confessa, rivela, ammette, condivide la brutale aggressione da lei subita.


Allo stesso modo, la Coel (interprete di Arabella e autrice della serie, come già detto) "approfitta" del suo stato di vittima e dell'attenzione che il pubblico, oramai dalla sua parte ed empaticamente vicinissimo ad Arabella/Coel, le sta riservando.

E' come se l'autrice/protagonista sentisse il peso doppio, derivato dal trauma in sè e dalla responsabilità che la rivelazione del trauma inevitabilmente porta con sè.

I May Destroy You arriva dritto allo stomaco per poi prendersi il cuore, il cervello e l'anima dello spettatore.

Sono poche le serie tv capaci di farlo, e solitamente impiegano anni.

Michaela Coel ci mette pochi episodi e in sole 13 puntate da l'impressione di non voler, di non avere la necessità di continuare.

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